Che razza di sedicenne è quello che considera la scelta della fidanzata un passo verso la presidenza degli Stati Uniti? Le ambizioni possono essere le più strane: c’è chi da piccolo vuole fare l’astronauta e chi il capo di stato ed è probabile che Payton Hobart, il giovane protagonista di The Politician, Presidente lo diventerà sul serio. L’ultimo avvistamento – Netflix, settembre 2019, finale prima stagione – lo dava in corsa per il Senato nello Stato di New York.
The Politician esordisce con giudizi positivi ma senza eccessivi clamori, anzi, in Italia è passata quasi sotto silenzio. Davvero strano per la creatura ennesima di Ryan Murphy – sulle cui storie, tutte, Netflix ha messo un’esclusiva da 300 milioni di dollari – qui con Falchuck e Brennan, il trio di Glee. Strano due volte, data l’enorme popolarità di altri prodotti rivolti all’universo young – vedi 13 Reasons Why, Riverdale, Skam, Élite, Sex Education.
Se siamo qui a raccomandare un veloce rewatch dei primi episodi non è solo in vista del rilascio mondiale della seconda stagione. I fatti degli alunni della Saint Sebastian High School hanno poco a che fare con le aule del liceo e consolidano invece quel che sappiamo e vogliamo per la società dei nuovi anni Venti: una umanità dallo spirito diverso, fluida nell’orientamento sociale e personale, in grado di abbattere gli schemi tradizionali delle relazioni affettive, della famiglia e della politica (come suggerisce il titolo, The Politician appunto). Questa serie parla di ragazzi e se vi ritenete troppo cresciuti per apprezzarla dovrete fare qualche sforzo. Bisogna andare oltre il preconcetto degli adulti sui giovani scansafatiche per capire come sia possibile che i personaggi di Murphy se la cavino sempre. A patto di conflitti interiori e grossi fallimenti, certo. Sono ambiziosi, trovano soluzioni fantasiose ai problemi, guardano alla vita con ironia, hanno degli obiettivi e difficilmente li mancano. Sono migliori degli adulti (tranne quando vogliono imitarli negli aspetti peggiori) e questi sono i primi ad ammetterlo, a cominciare dai big del cast.
In una recente intervista Gwyneth Paltrow, tra i protagonisti dello show, ha detto che The Politician è senz’altro uno dei progetti più interessanti a cui sta lavorando, un’opportunità di confronto con professionisti come Jessica Lange e Bette Midler quanto con ragazzi appassionati e pieni di talento come Ben Platt, uno che sul set è educatissimo e nelle pause si mette a cantare – magnificamente, aggiungiamo – in un angolo. Platt è ancora poco conosciuto da noi ma in America è una star: a 25 anni ha già ottenuto ogni tipo di riconoscimento che conta per chi come lui è un attore cantante. Dichiaratamente gay, attivista per i diritti LGBT, ha sbalordito tutti a teatro prima a Washington poi a Broadway con Dear Evan Hansel, un musical con protagonisti adolescenti da sei Tony Awards. Qui è Payton, un protagonista formidabile che punta a diventare un uomo di successo, non senza affrontare parecchi drammi personali. Dialoga con River, un amore mai dimenticato e, mentre fa i conti con quella che diventa la sua coscienza, svela un universo di relazioni strane. Gli affetti sono tutti teneri e dolorosi. Genitori, figli, amici, fidanzati: è un mondo confuso, fragile, mai definito e assolutamente contemporaneo.
Ryan Murphy misura il polso a una società intrisa di disparità e privilegi ma si sforza di mostrare con una ironia severa quanto, alla fine, chi imbroglia paga un prezzo alto. La politica come la conosciamo si sgretola, persino i giovani candidati quando si approcciano all’argomento in maniera tradizionale falliscono inesorabilmente. Payton si scontra con una realtà marcia e un elettorato disinteressato. La corsa al Senato si rivela dura. Bisogna sporcarsi le mani e battere gli adulti al loro stesso gioco. E questo dove lo porterà?
Ma i giovani in questa serie dalla fotografia brillante dove le facciate dei palazzi riflettono il sole della California si dimostrano bravissimi a fare squadra anche nelle situazioni più assurde, quando giocano con le loro regole. Gli adulti – insegnanti, nonni, genitori – ne escono peggio dimostrando che le strutture classiche – scuola, famiglia, politica – non tengono più. C’è aria di nuovo ed emerge un forte femminismo, sia nella finzione, dove le donne di Murphy si smarcano da mariti opprimenti e ottengono ciò che vogliono, che nella realtà con giovani interpreti come Rahne Jones, afroamericana e gay, impegnata per i diritti umani.
Queer is The New Normal, per dirla col titolo di un altro progetto di Murphy & co. Personaggi dalla sessualità non binaria sono centrali anche in Hollywood, tra gli ultimi arrivati in casa Netflix, dove il team Murphy/Brennan ipotizza una Mecca del cinema senza discriminazioni già nel secolo scorso. Le utopie hanno bisogno di una bella spinta e chissà se la più popolare delle piattaforme on demand, a colpi di episodi, stia davvero cambiando la percezione della società attraverso una sua rappresentazione più mista, dove le storie non sono definite dalle etichette dei personaggi. Un mondo in cui i figli sono migliori dei padri, un mondo possibile.
https://www.netflix.com/it/title/80241248
autrice: Vittoria Romagnuolo